BESSUDE

E' uno dei paesi più piccoli della provincia di Sassari, ma non per questo privo di bellezze naturali e paesaggistiche. E' situato in suggestiva posizione - a 450 metri circa sul livello del mare - ai piedi del monte Pelao. Che si arrivi in paese da Siligo oppure da Thiesi (i due comuni confinanti sulla strada per Sassari), Bessude è circondato da un incantevole panorama: da una parte le rocce che segnano sull'orizzonte l'altopiano di Pelao, il versante boscoso di Littu, gli ulivi di Su Monte, i pioppi di Pojos; dall'altra le querce di Sa Silva e la sinuosa valle di Pumàri e Badde.
Nelle sue campagne sono evidenti le tracce della presenza umana nel corso dei secoli: domus de janas, nuraghi, chiese.
Attualmente il paese conta circa 500 abitanti che vivono o nel caratteristico centro storico o nelle due zone nuove: Sa Sea e via Santa Maria, rispettivamente a nord e a ovest del vecchio centro abitato.

Il centro storico
La pianta del centro storico ha una disposizione quasi triangolare i cui vertici sono segnati dalle chiese di San Leonardo, S. Croce e da Poja.
Al centro del paese è situata la parrocchiale dedicata al patrono San Martino. La chiesa, secondo il Casalis, venne costruita nel 1620 quando si dovette abbandonare quella, più antica, di San Leonardo.
E' composta da una navata centrale e da due cappelle per ogni lato: a sinistra, la prima è dedicata alla Madonna Assunta (con le statue di San Pietro e San Sebastiano) e la seconda a Sant'Antonio (con San Giovanni ); a destra, la prima è dedicata all'Immacolata (al centro, fra Santa Lucia e Santa Rita) e la seconda a San Giuseppe. Qui è stata sistemata anche un'antica statua di Maria Bambina che, dopo essere rimasta a lungo - quasi abbandonata - in una casa privata, è stata da qualche anno accuratamente restaurata. Nella cappella di Sant'Antonio, in passato abitualmente riservata durante le funzioni religiose alla famiglia dei nobili Marongio, una
lapide indica la tomba del poeta Francesco Carboni. Nella cappella di San Giuseppe c'è invece la tomba di monsignor Giuliano Cabras, rappresentato sulla lapide con un busto di marmo.
Dopo recenti lavori, all'interno e all'esterno della chiesa, è stato restaurato anche il quadro che, nell'altare maggiore, rappresenta san Martino. Sul cartiglio, nell'angolo in basso a sinistra, si può leggere, in sardo, "Si est fattuo su p.nte retaulu et postu a 8 di lampadas anu 1632 esende vicariu su r.de Jomaria Solinas" (si è eseguito il presente retablo e sistemato l' 8 di giugno dell'anno 1632 mentre è parroco il reverendo Giommaria Solinas) e la data di un precedente restauro avvenuto nell'anno 1781 a cura del
"REV. NOB. DON SALVATOR ROIG DECANUS TURRITANUS".

Nella chiesa medioevale di San Leonardo, di pregevole architettura, si trovava anticamente il cimitero (ancora quando il paese fu visitato da qualche studioso dell' 800). Per il popolo, però; i sacerdoti avevano abitualmente sepoltura nella chiesa parrocchiale, come si può leggere nel registro dei morti della parrocchia di quell'epoca. Fino a qualche decennio fa la sua pertinenza - denominata sa mandra - veniva utilizzata come ricovero forzato per il bestiame trovato al pascolo in proprietà altrui; bestiame che poteva essere recuperato dai legittimi proprietari mediante il pagamento di una adeguata multa.
La chiesa ha tre navate, quella centrale è segnata ai lati da tre arcate ogivali di stile gotico. Nonostante siano andate perse, nei lunghi anni di abbandono, altre importanti caratteristiche originarie, sono abbastanza ben conservati i bellissimi capitelli dei pilastri absidali, alcune delle originarie volte a crociera e il campanile biforato a vela. Dopo un lungo lavoro di restauro (ma rimane da sistemare l'area esterna), questa pregevole opera architettonica aspetta ora un'adeguata valorizzazione.

Anche la semplice chiesa di Santa Croce, con contrafforti esterni, è stata recentemente restaurata, comprese le decorazioni sull'altare. Occasionalmente è utilizzata anche per il culto, più spesso per qualche mostra o altre manifestazioni simili.

Poja, era una sorgente situata sul lato della strada che ora collega da una parte il vecchio centro con la zona nuova. Da questa sorgente purtroppo è ormai scomparsa l'acqua, ma fino a qualche anno fa essa dissetava persone e animali durante l'estate.

Il centro storico è ormai abbastanza rimaneggiato in diverse parti. Si preferisce costruire le nuove case nelle due zone di espansione e questo ha causato purtroppo un accentuato spopolamento del vecchio centro. Come in molti altri paesi, anche qui esistono intere vie ormai quasi deserte.
In qualche antica casetta si possono ancora osservare architravi decorati con archi inflessi di cultura aragonese e spagnola e numerose mensole in ferro utilizzate per sostenere le pertiche dove si ponevano a soleggiare i prodotti agricoli.
Rimangono ancora vecchi muri, angoli e scorci caratteristici, ma molte antiche case sono state semplicemente demolite o sommariamente riadattate.
  Il paese è attraversato da un piccolo torrente, su riu de mesu idda, ora ricoperto e quindi quasi invisibile. Su questo si fondava la leggenda paesana - che veniva raccontata a tutti i bambini - dell'origine del nome di Bessude (le due sponde del corso d'acqua, due onde ... bis undas ... c'era anche il latino!).
Una nota di colore è costituita dai numerosi murales dipinti - durante l'estate in questi ultimi anni - sulle facciate di alcune case dai volontari del Servizio Civile Internazionale. Il primo ricorda il pauroso incendio scoppiato nelle campagne del paese il 3 agosto del 1988, durante il quale perse la vita il tredicenne Antonio Tanca.

La zona nuova
L'altra strada che porta alla zona nuova passa, con un ponte costruito negli anni '50, su un altro torrente: su riu de 'inza ena. A sinistra, la via Santa Maria porta alla omonima chiesa. La chiesetta dedicata a Santa Maria de Runaghes sorge a breve distanza dal paese. Vi si celebra con particolare devozione la festa della natività della Madonna l' 8 settembre.
Proseguendo dritti, si arriva invece a Sa Sea. Entrambe le zone hanno iniziato ad essere urbanizzate intorno agli anni '60 e ora, certamente, rappresentano la parte più dinamica del paese: c'è il municipio, la scuola, un supermarket e vi abitano molte delle giovani famiglie.

I dintorni
Nelle vicinanze del paese si trovano i resti di altre importanti chiese. A nord, ai confini con il territorio di Siligo, rimangono ancora i muri perimetrali della chiesa di San Teodoro, poco distante dall' omonimo nuraghe (oggetto qualche anno fa di una breve campagna di pulizia e scavi).

A Pelao, invece, sono ancora evidenti i massi perimetrali di un altro nuraghe: Nuraghe s'Ena.

A sud-ovest, poco lontano dalla chiesa di Santa Maria, rimangono solo pochi ruderi delle chiese di San Sisto e Santa Barbara. Ancora oggi, i terreni su cui sono ubicati questi ruderi, o confinanti con essi, appartengono alla parrocchia.

A Pumàri si possono invece osservare, come già riferiva il Casalis "alcune sepolture ed una caverna di cinque stanze"; altri resti di epoca preistorica, presenti nel territorio comunale, risultano variamente rimaneggiati nel tempo o - addirittura - irrimediabilmente compromessi.

Erano abbastanza ben conservate, fino a qualche anno fa, le domus de janas di Enas de Cannuja, ai confini con i territori di Thiesi e di Ittiri. Ma il sito meriterebbe certo maggiore cura ed attenzione.

Parlando di Bessude, non si possono ignorare alcuni siti importanti nella tradizione locale:

- su crastu 'e Funari, grosso masso lungo il sentiero che porta fino al lago Bidighinzu  e ora - purtroppo - quasi completamente nascosto dal materiale mosso per la costruzione della stradina asfaltata, da rovi e cumuli di rifiuti. Si diceva che sotto il masso abitasse una specie di strega, s'Arrejusta, che usciva di casa nella notte tra il 31 luglio e il primo di agosto, scendeva in paese e gli abitanti, per rabbonirla, le facevano trovare sulla finestra un piatto di pasta o un pezzo di formaggio;

- sa balza 'e Funari, sorgente - con relativa vasca - a cui ricorrevano e ancora ricorrono per dissetarsi persone e animali da tutta Sa Silva (campagna citata già nel Condaghe di San Pietro di Silki, XI°- XIII° secolo);

- sa rocca 'e zia Lughia, caratteristica roccia di Pelao;

- sa rughe 'e sa pedra, originale colonnina - sulla cui sommità si trova una parvenza di statuetta (?) situata nella parte periferica di Sa Sea e della quale nulla si sa né sulle origini né sulla figura rappresentata.